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Le missioni archeologiche del Dipartimento di Studi Umanistici

Gli scavi archeologici e le missioni di ricognizione topografica (survay) nel territorio sono tra le principali attività di public engagement relative al patrimonio archeologico e culturale, producendo evidenti ed immediate ricadute ed effetti positivi sul territorio. Le missioni archeologiche consentono di avviare fecondi rapporti con le comunità, contribuendo al loro sviluppo culturale, economico e sociale, ed allo stesso tempo sono la principale palestra nella quale gli studenti Unimc esercitano il mestiere di archeologo.

Partecipare ad uno scavo archeologico è inoltre una importante esperienza di socializzazione nell’ambito della quale si impara a vivere insieme, a collaborare, a risolvere problemi in gruppo, un’esperienza unica, tanto più quando è realizzata all’estero e in condivisione con studenti di altri Atenei, italiani e stranieri.

L’archeologia dell’Ateneo maceratese ha inizio nel 1968 quando il prof. Antonino Di Vita assume la cattedra di Archeologia e Storia dell’Arte greca e romana. Alle missioni archeologiche avviate dallo stesso prof. Di Vita, a Creta e in Nord Africa, si sono aggiunte altre collaborazioni internazionali, fra cui quelle sostenute dal MAECI,  Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che hanno aperto nuovi orizzonti e frontiere in tutto il Mediterraneo e in particolare in Albania, e le missioni in Francia e in Italia, a Urbs Salvia, Villamagna e Cerveteri.

L’offerta di scavi dell’Ateneo maceratese è dunque ricca e consente agli studenti ampie possibilità di confrontarsi con la ricerca archeologica sul terreno, declinata nelle sue diverse forme e con le opportunità professionalizzanti e di lavoro che le tematiche legate all’archeologia pubblica offrono agli archeologi.

cartina del Mediterraneo con la localizzazione dei siti nei quali sono attive le missioni del Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di MacerataLe indagini nelle Marche (Pollentia-Urbs Salvia e Villamagna)

Le Marche sono il primo contesto di riferimento scientifico per gli scavi archeologici dell’Ateneo, a partire da quello di Pollentia-Urbs Salvia, (Urbisaglia – MC), avviato su concessione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali (MIBACT) e giunto nel 2023 alla sua ventinovesima campagna, realizzato grazie anche agli stretti e fecondi rapporti con le istituzioni locali. A questa concessione si è aggiunta, nel 2017, quella per lo scavo della villa romana di Villamagna (Urbisaglia – MC), avviata grazie anche alla collaborazione con la locale Fondazione Giustiniani Bandini.

Nell’ambito delle ricerche presso Pollentia-Urbs Salvia le attività si sono recentemente concentrate nell’area forense della colonia della fine del II sec. a.C. A Villamagna, invece, dopo la realizzazione del nuovo rilievo delle strutture esistenti sono stati avviati due saggi: uno nella pars urbana e l’altro nella pars rustica dove gli scavi si sono concentrati negli ultimi anni con particolare attenzione alle indagini di carattere paleobotanico.

Ad Urbisaglia per la prima volta sono stati elaborati modelli di pianificazione e gestione dei Parchi archeologici poi applicati anche in altri siti italiani e all’estero e per la divulgazione dei risultati scientifici grande importanza è stata data all’uso di tecnologie ICT, temi sempre più centrali da quando la gestione del Parco archeologico è passata alla DRM, con un significativa accelerazione nei processi di gestione e valorizzazione.

La Libia

Già a partire dalla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, l’Università di Macerata opera attivamente in Nordafrica con una sua missione archeologica, fondata da Antonino Di Vita nel 1968 e da lui stesso diretta sino all’anno della sua scomparsa, nel 2011, quando gli è subentrata Maria Antonietta Rizzo.

Principale campo di indagine è lo studio, la pubblicazione e il restauro di complessi monumentali di età ellenistico-romana nei siti di Sabratha e Leptis Magna (Libia), cui si affianca l’edizione di classi di materiali provenienti dalle indagini condotte dagli Italiani nei due principali siti della Tripolitania a partire dal 1912. Alla medesima missione hanno afferito in passato le ricerche svolte dallo stesso Di Vita in Tunisia (a Cartagine, negli anni Settanta, e ad Althiburos, tra il 2006 e il 2019) e in Algeria (Medracen e Nador, ancora una volta nel corso degli anni Settanta).

Attualmente, le ricerche in Libia, coordinate da Maria Antonietta Rizzo e Giuseppe Mazzilli grazie al sostegno garantito dal MAECI e in proficua collaborazione con il Libyan Department of Antiquities, contano su un nuovo accordo quinquennale, sottoscritto a Tripoli nell’ottobre del 2023, che, oltre all’edizione di complessi monumentali di Sabratha e Leptis Magna, prevede interventi di manutenzione e restauro, training e formazione, collaborazione sui progetti di digitalizzazione di documenti d’archivio riguardanti le ricerche italiane in Libia specie nel periodo coloniale.

Le ricerche a Gortina di Creta

Dal 1978 l’Ateneo maceratese è coinvolto, tramite la Scuola Archeologica Italiana di Atene e grazie alla fattiva collaborazione del MAECI, e insieme a numerosi altre Università italiane nelle ricerche a Gortina di Creta.

Gli scavi meno recenti hanno riguardato in particolare l’area del Quartiere delle Case bizantine e la Strada Ovest, fondamentale arteria viaria per l’organizzazione urbanistica e lo sviluppo della città, contesti archeologici in fase di pubblicazione.

Dal 2007 le indagini archeologiche si sono concentrate nello studio del c.d. Edificio Sud del Quartiere delle Case bizantine, edificio monumentale realizzato nel corso del IV sec. d.C. forse come sede del koinon, la cui vita attraversa tutte le fasi di vita proobizantine delle città. Dal 2017 gli scavi si sono allargati fino ad interessare il vicino monastero localizzato nell’area meridionale dello stesso quartiere.

Indagini nella valle del Drino (Albania) per lo sviluppo del territorio

Dal 2005 l'Università di Macerata collabora in Albania con l'Istituto Archeologico di Tirana nell’ambito di due Progetti, entrambi inseriti nei programmi e finanziati dal MAECI. Le indagini hanno avuto diversi obiettivi tutti tesi a far luce sull’evoluzione storica del territorio della valle del Drino tra l’età tardoclassica e quella bizantina, ma sono state fin dall’inizio inserite in una visione olistica del rapporto tra archeologia e territorio, finalizzate a fare della ricerca occasione di sviluppo sociale, economico e culturale del territorio stesso.

Il Progetto ha previsto la inizialmente realizzazione degli scavi della città romana di Hadrianopolis, (Sofratikë), di quella ellenistica di Antigonea e le ricerche presso siti della valle del Drino, area anticamente compresa nel territorio della Caonia prima e dell'Epiro poi. Sono stati inoltre realizzati anche il nuovo rilievo topografico, tramite droni, laser scanner e stazione totale, dei siti fortificati di Lekel, Melan, Labova e Selo, in contemporanea con la realizzazione di saggi stratigrafici a Frashtan, Selo e Melan,

Il secondo, avviato nel 2018, dopo la realizzazione di indagini remote sensing ha previsto l’avvio di scavi nella fortezza di Palokaster, sempre nella valle del Drino.

Significativa è stata dunque anche l’attività finalizzata a declinare i risultati della ricerca archeologica in occasioni di crescita e sviluppo del territorio, obiettivo delle ricerche reso fattivo  grazie alla realizzazione di numerosi Progetti finalizzati alla pianificazion, getione e valorizzazione del territorio.

Cerveteri e il mondo degli Etruschi

Le ricerche nell’area urbana di Cerveteri, avviate da Mauro Cristofani (CNR) e da Maria Antonietta Rizzo (SAEM) nel 1993, sono continuati nell’area denominata S. Antonio, sulla parte sud-orientale del pianoro dove sorgeva la città, un  luogo  di particolare importanza, dato che in questo punto la strada antica dal fondovalle del fosso della Mola risale, e allora ampiamente interessato da imponenti scavi clandestini che suggerivano, per le modalità e l’insistenza con cui venivano condotti, ritrovamenti di straordinaria importanza.

L’area già occupata dalla tarda età villanoviana (resti di capanne di VIII sec. a.C.  individuate al di sotto del tempio B), e poi durante l’età orientalizzante  e arcaica (grandi cave poi trasformate in cisterne, rinvenute al di sotto dei templi A e B,  e un edificio a tre vani, all’incirca davanti all’area intertemplare), alla fine del VI secolo dovette essere completamente ristrutturata con l’annullamento di tutte le presenze, anche monumentali esistenti (il primo tempio A), e con un sistematico riempimento e successivo spianamento in vista della nuova monumentalizzazione della zona.

Le campagne di scavo hanno consentito di portare in luce una vasta area sacra con due templi affiancati il tempio A con due fasi costruttive (il tempio più antico più piccolo e di proporzioni più allungate, rimasto sepolto nel rifacimento posteriore, e a cui appartenevano decorazioni figurate e architettoniche policrome), e il tempio B, con un altare fra i due, bothroi votivi, in uso fino al V secolo, che hanno restituito importanti vasi. Presenti fonti sacre (si segnala soprattutto la grande fontana in origine in relazione al tempio proto A, poi incorporata nel tempio posteriore più grande), ambienti ipogeici per il culto e per la raccolta delle acque, che, a partire almeno dalla fine del VI secolo, occuparono tutta l’area fino alla rupe, con vaste opere di terrazzamento e di sostruzioni.

Si tratta del maggior santuario finora rinvenuto a Caere che può competere per dimensioni, monumentalità e complessa articolazione interna con quello di Pyrgi.

Come hanno messo in luce le ricerche in questa area Hercle era venerato insieme ad altre divinità, una certamente femminile, probabilmente Menerva, come attestano gli oggetti rinvenuti in un pozzo scavato nell’area all’incirca antistante il tempio A, ma anche Turms/HermesRath, interpretazione etrusca di Apollo nel suo aspetto di dio profetico, nominati in asindeto nella prima riga della lunga iscrizione sul peso di bronzo di IV secolo da noi rinvenuta, dimoranti nel santuario, come theoi synnaoi insieme ad Hercle, originario signore del luogo .

In questi ultimi anni, sospesi gli scavi, si sta procedendo, con la collaborazione di studenti e dottorandi, alla schedatura di tutti i materiali ai fini della pubblicazione definitiva.